Chiusura della Conferenza Mondiale delle Donne di base – Caracas 2011

Lunedì 7 Marzo 2011 ultima giornata delle Conferenza Mondiale delle Donne di base – Caracas

Oggi c’e’ stata l’ultima sessione di workshop, sono state tirate fuori una serie di proposte che poi il gruppo ha riveduto e approvato.

Una volta finiti i workshops, le rispettive coordinatrici dei tavoli si sono riunite per creare un documento da proporre alla assemblea plenaria che si è tenuta nel pomeriggio.

Nella pausa pranzo abbiamo intervistato le delegate di Argentina e Bangladesh e poi ci siamo recate dove risedevano le delegate kurde per fare una seconda intervista con loro rispetto alle problematiche sorte durante la conferenza.

Infatti, la delegazione delle donne kurde e’ fuoriuscita dalla conferenza rilasciando un comunicato, che e’ stato distribuito a tutte le partecipanti, dove dichiarano che non si sono sentite partecipi del processo decisionale del gruppo delle promotrici e che si sono verificate dinamiche decisionali esclusive e non democratiche.

Rispetto ad alcuni problemi che si sono presentati, il gruppo delle promotrici della conferenza non ha preso una posizione chiara e ha spesso ritardato e a volte negato il confronto su tali questioni con le delegate e le partecipanti dei vari paesi. Per esempio, la delegazione di 300 donne della Colombia e’ rimasta bloccata alla frontiera per problemi con i visti, la partecipazione dei gruppi di base era largamente sottorappresentata e, nonostante l’accordo di aprire la conferenza con una canzone di donne, nella cerimonia di apertura e’ stato cantato l’inno nazionale venezuelano!

Inoltre, di fronte al fatto che l’inizio della conferenza e’ stato ritardato di un giorno per via dell’atteggiamento ambiguo del governo rispetto all’organizzazione, non c’e’ stato un vero e proprio momento di scambio e discussione sull’accaduto, ma ci hanno invece fatto stare a cantare e ballare per ore nella sala principale dove si tenevano le assemblee delle delegate.

Nel pomeriggio c’e’ stata l’assemblea plenaria con il gruppo delle promotrici, le delegate dei 40 paesi presenti e tutte le partecipanti. Purtroppo, poiche’ la sala non riusciva a contenere tutte le presenti, hanno detto che tutte coloro che non erano delegate avrebbero dovuto lasciare la sala. Anche questo non era nei programmi, comunque sono riuscita ad imbucarmi e ho assistito alla approvazione dei punti della dichiarazione finale.

Tali raccomandazioni erano abbastanza general generiche, eccone alcune:

Solidarieta’ con la lotta delle donne e i lavoratori di tutto il mondo.

Rifiuto di ogni forma di violenza e discriminazione

Parita’ di salario tra uomini e donne

Diritto alla migrazione non forzata, alla partecipazione politica.

Diritto alla salute e alla scelta di una sessualita’ libera e consapevole.

Depenalizzazione dell’aborto.

L’emancipazione delle donne e’ legata alla emancipazione dei popoli.

 

Nel frattempo fuori della sala Simon Bolivar, dove mi trovavo ad ascoltare le risoluzioni della assemblea delle delegate, si erano riunite le donne che avevano partecipato ai 12 workshops della conferenza e hanno approvato le risoluzioni finali rispetto a ciascuno di questi.

C’e’ da dire che si e’ percepita abbastanza la divisone tra la “base” delle partecipanti con le delegate da un lato e il comitato delle promotrici dall’altro. Tant’e’ vero che si sono tenute due assemblee in contemporanea quando ce ne sarebbe dovuta esser una.

Per consolarmi dalla parziale delusione suscitatemi dalle criticità venute fuori nei giorni della conferenza, sono andata di nuovo in giro per i peggiori bar di Caracas! Questa volta pero’ siamo stati ad Altamira, nella zona est della citta’, quella ricca, borghese, pulita ma asettica e senza anima.

È stato emozionante attraversare la citta’ di notte in macchina, ho immaginato che i barrios fossero mondi fatati illuminati da migliaia di flebili candeline.

Mi rendo certamente conto che la’ la vita e’ tutt’altro che fatata, ma questo non dovrebbe pero’ impedirci di immaginare che, alle volte, le cose sono molto diverse da come sembrano.

In fin dei conti Caracas città, quella che sta a valle e’ calda, umida, sporca e inquinata. Chi vive nei barrios e’ considerato un poveraccio, eppure questi sono ubicati lungo le colline della vallata in cui si snoda Caracas, spesso si trovano ad alta quota e perciò l’aria è più pulita e il clima è meno afoso!

Mi domando chi sia in fin dei conti che abbia fatto la scelta migliore.. certo però è che molto spesso, per molte persone, vivere in un posto piuttosto che in un altro è tutto meno che una scelta!

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malamela

Malamela nasce a Roma diversi anni fa. Da più di dieci anni si occupa di tematiche di genere e in particolar modo di violenza di genere. Lavora con le donne che vivono relazioni con partner abusanti per accompagnarle nel loro percorso di fuoriuscita dalla violenza affinchè siano in grado di riprendersi quello che è andato perso a causa di esperienze di vita spesso drammatiche. Ha vissuto 3 anni a Londra lavorando all'interno dei centri antiviolenza della città. Torna a Roma nel 2009 e riprende il suo lavoro con le donne che si trovano a vivere situazioni di violenza. Nel frattempo diventa operatrice Shiatsu e continua a "nutrire" la sua vera grande passione: la cucina. Fa parte del duo le Vivandiere che si occupa di Cucina Naturale Vegan e insieme fanno catering per eventi e corsi di cucina Vegan e Crudista. https://www.instagram.com/levivandiere/ https://www.facebook.com/levivandiere/ http://levivandiere.it/ http://www.trimundo.eu/ mail: saxa at inventati org mail: sm.saramartini@gmail.com